sabato 16 maggio 2009

Vive ancora il sogno dell'Europa politica?






No. E’ morto e sepolto da lungo tempo. Con i suoi grandi sostenitori: Adenauer, Shumann, De Gasperi, Spinelli. Quando eravamo studenti, ci dicevano che era stata scelta la via dell’integrazione economica come premessa per giungere all’unità politica.

Era stato l’impegno solenne dei sei paesi fondatori, tra cui l’Italia, ma ormai non se ne parla più. Nel frattempo l’integrazione economica si trascina da decenni tra mille ostacoli, diffidenze e aperti scetticismi. La mancanza di un minimo di coordinamento in occasione della grave crisi economica che attraversiamo è la prova evidente degli egoismi nazionali risorti più forti che mai.

L’elezione di un parlamento europeo era stato un altro momento di grande entusiasmo e speranza. Sinora ha concluso poco, ma in questi giorni, in cui ci prepariamo a eleggere i nostri rappresentanti, ci accorgiamo che è solo una corsa a riempire poltrone, retribuite 30 mila Euro al mese, da parte di veline, aspiranti attrici, cantanti in pensione, politici riciclati e ogni risma di personaggi sconosciuti a caccia di soldi e privilegi.

Il primo colpo mortale al processo di integrazione fu l’entrata della Gran Bretagna, alla quale si era opposto sempre il Generale De Gaulle, che conosceva bene gli inglesi. Ma tutti fecero finta di non sapere che questo paese entrava al solo scopo di impedire dall’interno qualsiasi forma di integrazione. Prova ne sia, se ce ne fosse bisogno, che la Gran Bretagna non ha aderito né all’Euro né al trattato di Shengen.

Quello decisivo è stato l’allargamento sconsiderato a ben 27 paesi, molti dei quali, leggi est Europa, sono interessati solo agli aiuti economici e alla libera circolazione di merci e persone, mentre il loro punto di riferimento sono esclusivamente gli Stati Uniti d’America, dei quali sono fedelissimi alleati. Siamo all’assurdo che il paese che ha attualmente le presidenza semestrale dell’UE, la Cechia, annovera un Capo dello Stato dichiaratamente contrario all’Europa e un primo ministro euroscettico. E non manca chi vuole allargarla ulteriormente ad altri paesi dei balcani per giungere sino all’Ucraina e alla Georgia, dopo aver inglobato la Turchia, un paese di 72 milioni di mussulmani.

La bocciatura della nuova costituzione europea e della sua versione edulcorata ha posto la parola fine. Senza il principio delle decisioni a maggioranza, in luogo dell’unanimità, com’è attualmente, l’Europa resterà una babele inutile e dannosa. Sarebbe il caso di ricominciare da capo con chi ci sta senza eccezioni e sofismi per riprendere la marcia iniziale. Quella attuale può anche restare in vita come semplice zona di libero scambio, sempre che abbia un senso in un mondo globalizzato.

martedì 31 marzo 2009

Pericolo nucleare







Avete visto la puntata di REPORT su RAI 3 domenica sera 29 marzo? Parlava dei problemi delle centrali nucleari, delle loro scorie e dei danni immediati e a lungo termine. Il Presidente del Consiglio, il Ministro per lo sviluppo economico e quello dell’ambiente sono tenuti a far sapere se ritengono falso quanto affermato in quel programma. In caso affermativo dovrebbero intimare alla Rai di smentire apertamente i suoi giornalisti nelle fasce di maggior ascolto. Possibilmente nei TG di prima serata.

Diversamente, da grandi sostenitori del ritorno al nucleare, dovrebbero farsi un esame di coscienza e invertire la rotta, annullando prontamente tutte le decisioni prese in merito, compreso l’accordo firmato in pompa magna con il Presidente francese Sarkozy.

Non stiamo parlando di noccioline ma della vita presente e futura di milioni di persone. E a proposito chi l’avesse persa la trasmissione in questione può ancora vederla sul sito www.rai.it.

sabato 21 marzo 2009

Il Vaticano e l'Italia





La DC ha governato per quarantanni con l’appoggio incondizionato del Vaticano, della Chiesa, di tutte le parrocchie. Ora ci accorgiamo che la Democrazia Cristiana è stato un partito laico. Laico non significa essere anticlericale o ateo. Questi ci sono sempre stati, ma sono una estrema minoranza. Laico significa avere la propria fede. Professarla più o meno intensamente. Ma in pubblico, soprattutto quando si ha un ruolo istituzionale, si agisce secondo ragione e nell’interesse generale. Il più laico di tutti in Italia è stato Alcide De Gasperi. Aveva una profonda fede cattolica e un ottimo rapporto con la Chiesa, ma in alcune circostanze seppe dire no alle richieste del Vaticano.

Ora che la DC si è frantumata, i cattolici stanno in tutti i partiti, di destra, di centro e di sinistra. Con la conseguenza che, poiché il Vaticano e le parrocchie muovono sempre molti voti e preferenze, tutti fanno a gara a chi è più cattolico, più osservante, più prono ai desideri e alle direttive di oltre Tevere. A questi si aggiungono i laici o atei ex di sinistra passati a destra. Socialisti, liberali, repubblicani, radicali. Tacciono, obbediscono in silenzio o in alcuni casi sono i più ferventi difensori delle tesi della Chiesa. E’ facile constatare che c’è molto opportunismo perché la destra ora è vincente e chi viene da sinistra o da posizioni laiche per fare strada deve farsi perdonare il passato e dimostrarsi più realista del re.

Questo spiega perché la chiesa ha ottenuto negli ultimi anni privilegi in contrasto con la stessa Costituzione Italiana da governi di destra e di centro sinistra, come il finanziamento alla scuola privata e l’esenzione dell’ICI anche sugli immobili commerciali. Ora le pretese sono aumentate. Dopo aver subito, governando la DC, la legge sul divorzio e sull’aborto, ha imposto una legge sulla fecondazione artificiale, che praticamente la rende molto difficile, come il divieto di ricerca sulle cellule staminali embrionali. E’ sul punto di essere approvata un’altra legge, che toglie a tutti la libertà di predeterminare, in conformità all’art. 32 della Costituzione, i trattamenti medici ai quali non intende essere sottoposto in caso di stato di incoscienza, comprese idratazione e alimentazione forzata.

Questi divieti non esistono in nessun paese del mondo. Ma l’Italia è diversa. E’ la sede del Pontefice. E l’attuale, che ha nostalgie preconciliari, non consente alla Repubblica Italiana piena libertà e autonomia e intende imporre per legge i principi morali della religione cattolica, grazie all’accondiscendenza di una classe politica italiana debole e servile.

martedì 17 marzo 2009

Il palazzaccio di vetro




Una domanda facile facile. L’ONU esiste ancora? Non lo si sente più nominare. Il suo evanescente segretario generale, di cui pochi conoscono il nome, che cosa fa? E il Consiglio di sicurezza si riunisce? Prende decisioni? In realtà l’0rganizzazione delle Nazioni Unite, costituita nel 1945 in sostituzione della Società delle Nazioni, che aveva fallito il suo compito, non essendo riuscita a evitare la seconda guerra mondiale, ha svolto per decenni un ruolo sostanzialmente formale, in appoggio sostanziale alla politica degli Stati Uniti. Ultimo caso: la guerra in Iraq, decisa unilateralmente dagli USA.

Il suo ruolo e la sua influenza sono andati progressivamente scemando. Non è che prima abbia risolto grandi problemi, ma almeno ci provava. La realtà è che così come è strutturato non è in grado di prendere alcuna decisione sui più gravi conflitti mondiali. L’Assemblea generale, che si riunisce una volta l’anno è una rassegna di capi di stato, che pronunciano discorsi magniloquenti senza nessun seguito e destinati rapidamente all’oblio. Qualche delibera apparentemente di grande rilevanza, come quella adottata nell’ultima sessione, di sospensione della pena di morte, con grande impegno della diplomazia italiana, è rimasta li incorniciata e non ha salvato una sola vita in tutto il mondo.

Il Consiglio di sicurezza, il vero organo esecutivo, si riunisce regolarmente e in occasione di gravi crisi, ma difficilmente riesce ad adottare risoluzioni importanti, dovendo superare il veto dei membri permanenti: USA, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, che naturalmente di rado sono tutti d’accordo.

L’attuale struttura, fatta di membri permanenti con diritto di veto e membri non permanenti, che fanno solo numero, non funziona ed è tra l’altro superata. Il mondo in questi anni è cambiato. L’esclusione della Germania unificata, terza potenza mondiale, e di grandi paesi emergenti come l’India e il Brasile contribuisce a esautorare l’Organizzazione. L’aspirazione dell’Italia di inserirsi tra i pretendenti è velleitaria se non fosse risibile, considerando la deriva di arretratezza in tutti i campi in cui sta precipitando il paese e la disistima che si sono guadagnati all’estero i governanti italiani. L’idea di attribuire un seggio all’Unione Europea è irrealizzabile, perché la Germania non lo accetta e l’UE è una babele allo sbando.

Resta questo esercito di funzionari, esperti, consulenti, istituzioni e sedi sparsi in tutto il mondo, con lauti compensi, esenti da ogni imposta nazionale, che si occupano dei problemi del mondo senza risolverne alcuno. Ma intanto sbarcano il lunario da gran signori.

sabato 7 marzo 2009

L'Iraq e la democrazia



L’ex presidente degli Stati Uniti ha riconosciuto alla fine del suo mandato che la guerra in Iraq era stata un grave errore. All’epoca fu condivisa solo da Gran Bretagna, Spagna e Italia, contro tutto il reto del mondo. La motivazione ufficiale fu che quel paese disponesse di armi di distruzione di massa e fosse sul punto di approntare armi nucleari.

I fatti dimostrarono che l’Iraq a stento disponeva solo di armi tradizionali non di ultima generazione. Gli americani e i britannici avanzarono rapidamente senza grande opposizione ed espugnarono una capitale praticamente indifesa. Il dittatore e gran parte dei massimi capi non riuscirono o non vollero scappare in un rifugio sicuro e si fecero catturare come topi sbandati.

Poco dopo, l’America dichiarò che la guerra era finita con una vittoria su tutto il fronte e arrivarono così anche gli italiani a dare una mano. Ma la situazione era un po’ diversa. Si scatenò la guerriglia e gli attentati terroristici fin nel cuore delle capitale. La lunga processione ben occultata di bare verso gli USA aumentò di giorno in giorno e con i metodi di guerra degli americani più di un milione di iracheni ascese al paradiso di Allah.

Raggiunto dopo anni un accordo, non si sa quanto duraturo, tra sunniti, sciiti e curdi e ottenuto un minimo di tregua, si fecero le elezioni generali, si elesse un presidente, un parlamento e un governo. E fu la democrazia!

Il nuovo presidente USA ha annunciato ora che entro agosto del 2010 le truppe americane torneranno a casa, cioè tra un anno e otto mesi, come dire che la guerra non è ancora finita. Dopo tale data resterà comunque un contingente di soli 50.000 soldati a tempo indeterminato. Come successo in Corea del Sud dove è di stanza dal 1948 un consistente presidio di soldati americani.

Nonostante tutto ciò, c’è ancora in Italia il direttore di uno dei quotidiani della famiglia del primo ministro che ripete a ogni piè sospinto, con malcelata vanagloria, che gli americani hanno vinto in Iraq, portando la democrazia in un paese che era soggiogato dalla dittatura. E volendo significare: ho avuto ragione io, che ho sempre sostenuto l’intervento a spada tratta contro i molti.

Che per ottenere questa finta e precaria democrazia siano stati sacrificati 4.200 soldati americani e 1.200.000 iracheni non ha importanza. Senza considerare le atrocità delle prigioni tipo Abu Ghraib e del lagher di Guantanamo, dove ancora sono detenuti da anni in condizioni disumane migliaia di presunti terroristi, senza prove, senza processi, senza assistenza legale.

A parte la fondatezza del diritto di una potenza straniera di invadere con le armi un altro paese sovrano per imporre la propria democrazia a popolazioni abituate da secoli a vivere in diverse forme organizzative, è proprio sicuro, caro direttore, che il risultato ottenuto giustifichi la montagna di morti e di atrocità su cui è stato costruito?

martedì 3 marzo 2009

PD, mancanza di coerenza e trasparenza




Alla vigilia della discussione finale in commissione della legge sul testamento biologico, è stato sostituito il capo della minoranza PD, strenuo sostenitore da anni della necessità di tale provvedimento, con un’altra parlamentare PD, integralista cattolica.

Il primo si era correttamente dimesso da tre mesi, avendo ricevuto un altro incarico nel settore della sanità. La lettera era rimasta nel cassetto della capo gruppo in senato, ma è stata tirata fuori alla vigilia della discussione finale in commissione sul progetto della maggioranza. La subentrante aveva subito assicurato che si sarebbe adeguata all’indirizzo prevalente del suo partito ma all’atto della votazione si è astenuta invece di votare contro. Ha fatto poi capire che in aula avrebbe potuto votare a favore del progetto governativo per questione di coscienza.

Questo è uno dei tanti episodi che sta portando il PD nel caos. La gente non capisce più che cosa è e che cosa vuole questo partito. Nel discorso del nuovo segretario era sembrato di capire che c’era un orientamento ufficiale a favore della libertà dell’individuo sulle scelte relative al fine vita. Dopodichè tutti assistono indifferenti ai comportamenti e alle dichiarazioni della capogruppo in commissione del partito.

Non è possibile non chiedersi chi ha deciso la sua scelta e perché proprio in questo momento. Il nuovo segretario non ha poteri per rimuoverla? Evidentemente la sua nomina non è casuale e deve essere stata patrocinata da potenti personaggi contro i quali nessuno può far nulla.

mercoledì 25 febbraio 2009

Giovinezza, giovinezza




Giovinezza, giovinezza. Sembra che la base del Partito Democratico non chieda altro. Sostituire tutta l’attuale classe dirigente con una generazione di giovani. Ma per fare che cosa? Nessuno lo dice. Allora è il posto per il posto. Queste cose si dicono quando non si hanno idee e programmi precisi da proporre. Buttiamo tutto per aria e cerchiamo di sistemarci.

Il campione di questa moda è il poco più che trentenne presidente della provincia di Firenze. Ha vinto le primarie per le elezioni a sindaco con oltre il 40% delle preferenze. Tema principale della sua campagna è stato dire di tutto e di peggio sul segretario nazionale del suo partito. Dopo le elezioni di Franceschini, ha commentato: non si risolve la crisi del PD eleggendo il vicedisastro al posto del disastro.

Il giovane è pieno di sè. E'un saputello. Ma i cinquantenni e sessantenni che lo hanno preceduto hanno ancora molte cose da insegnargli. Il rinnovamento certo va fatto, ma con gradualità per fondere le esperienze dei più anziani con le nuove idee e l’entusiasmo dei più giovani.

Il toscano dica bene cosa propone sui problemi più scottanti del partito. Organizzazione, tipo di opposizione, contrasti sui temi etici, misure efficaci per risolvere la crisi e poi cerchi di vincere le elezioni questa volta criticando i veri avversari, la destra e il suo alcazar.

E infine non dimentichi che gli anni passano in fretta per tutti. Se pensa di far strada solo perché è più giovane e gli attuali dirigenti sono cotti e rimbambiti gli capiterà presto di trovare un ventenne che lo vorrà mandare a casa perché lo considera vecchio. Succederà come durante la rivoluzione francese, quando ogni rivoluzionario trovava sempre uno ancora più rivoluzionario che lo mandava al patibolo. Al PD no serve collezionare teste mozzate. Ma una fusione tra le varie anime e generazioni e una leadership riconosciuta, che prenda decisioni rapide e le faccia rispettare a tutti.